Ho impostato la mia vita sul sogno di lavorare in Polizia. Mi ritrovo senza nulla a 30 anni». Sara Alberti, romana, avrebbe dovuto prendere servizio in questura a Milano, come Valeria Di Nardo, laziale di Fondi. A Milano non sono mai arrivate, per colpa di un piccolo tatuaggio sul polso, eliminato a colpi di laser da tempo, cosa che non ha impedito al ministero dell’Interno di espellerle ancor prima di poter iniziare a servire lo Stato. Tatuaggi innocenti, disegnati a 18 anni: una stella con l’iniziale dello zio morto per Sara; una nota musicale per Valeria, flautista innamorata della lirica. Esattamente come Arianna, eroina e reietta nello stesso giorno per un cuore sormontato da una corona, come raccontato dal Corriere il 14 agosto, Sara e Valeria per lo Stato sono «figlie di un dio minore».

Le regole per entrare nelle forze armate non prevedono tatuaggi visibili, perciò le ragazze sono «inidonee al ruolo». Così ha stabilito il Consiglio di Stato ribaltando la sentenza del Tar che aveva dato ragione ad Arianna, Valeria e Sara (e al compagno di corso Daniele Li Causi) permettendo loro di concludere l’addestramento e giurare. E di diventare agenti a tutti gli effetti. Se Arianna Virgolino ha avuto tempo di stare in servizio alla Polstrada di Lodi per alcuni mesi, Valeria e Sara sono state sospese un momento prima di mettere piede sul treno per Milano, scelta come prima destinazione. Tutte e tre (future) agenti modello. Dell’encomio di Arianna abbiamo detto. Valeria, studentessa in legge, sempre fra i primi del corso. Sara, una laurea in scienze dell’investigazione e un master in criminologia con esperienza da volontaria a Rebibbia. «Avevamo già ricevuto pistola, distintivo e manette: ci hanno costrette a rendere tutto», raccontano. «Ogni volta che vedo passare l’auto della polizia davanti a casa mia a Fondi scoppio a piangere», afferma Valeria.

Eppure il tatuaggio non lo hanno più da anni: Sara, lo ha fatto cancellare prima delle preselezioni: «Mi sono sottoposta a sette sedute, spendendo migliaia di euro». Valeria, un momento dopo l’ammissione all’esame si è consegnata al laser Q-Switched. «Ricordo il dolore, fortissimo – racconta -. Una volta sono svenuta. Per far presto ho sostenuto cinque sedute ravvicinate, la cicatrice mi resterà tutta la vita». Valeria, Sara e Arianna (compagne di corso alla scuola di Peschiera del Garda) sono nel «limbo». Congedate ma non licenziate. Sospese per un «peccato di gioventù» che pure hanno cancellato in tempo. Situazione surreale: «Alle visite i medici li considerarono “esiti cicatriziali”, non più tatuaggi». Dopo la sospensione è iniziato un inferno. In assenza (per ora) di licenziamento, non possono cercare un lavoro, «né partecipare a concorsi». Non hanno soldi, Arianna si sostiene grazie al compagno, Sara e Valeria sono «tornate a vivere con i genitori». L’amministrazione ha chiesto loro pure la restituzione degli stipendi percepiti fin qui: quasi 7mila euro a testa. «Non mi vergogno a dirlo — racconta Valeria —, ma non saprei dove sbattere la testa se non avessi mamma e papà». Da ieri le tre ragazze hanno un sostenitore in più: il «capitano Ultimo» Sergio De Caprio.